INFISSI INSTALLAZIONE, VENDITA O APPALTO?

Nel caso dell’acquisto e posa in opera di infissi da parte di una impresa costruttrice per conto del soggetto committente, nel cui favore la suddetta impresa ha intrapreso un’opera di ristrutturazione di una casa, preliminare è individuare l’ esatta fattispecie all’interno della quale ricomprendere tale rapporto contrattuale.

Il nostro studio legale di Latina vuole mettere in luce le differenze delle fattispecie in questione.

Ciò in quanto la disciplina codicistica prevede per i vari istituti regole differenti in ordine ai termini entro i quali e non oltre, il soggetto può far valere il proprio diritto, nel caso in cui, ad esempio, abbia ricevuto un bene affetto da un vizio che ne renda difficoltoso o impossibile il normale utilizzo.

In particolare, se il rapporto è qualificabile come vendita, il compratore deve denunziare tali anomalie entro 8 giorni dalla loro scoperta e la relativa azione deve essere esercitata entro un anno dal giorno in cui sia entrato in possesso del bene; se qualificabile come contratto di appalto il termine entro il quale i vizi vanno denunziati è di 60 giorni che decorrono dalla loro scoperta o dal giorno il cui il bene è stato consegnato se si tratta di un vizio non occulto e l’ azione può essere esperita entro due anni dalla consegna dell’ opera.

In rapporto a quanto appena esposto potrebbero sorgere delle difficoltà in relazione a quelle situazioni di fatto che, apparentemente, rientrano in più di una tipologia contrattuale, in quanto la presenza o meno di determinati elementi comportano l’ applicazione al caso concreto della disciplina dell’ una o dell’ altra figura contrattuale.

Nel caso in esame, infatti, incerta è la natura del rapporto contrattuale intercorso tra le parti , se qualificabile cioè come contratto di vendita (art. 1470 cc.) o contratto d’ appalto (art. 1655 cc.).

La vendita è un contratto che ha ad oggetto il trasferimento della proprietà di una cosa o il trasferimento di un altro diritto verso il corrispettivo di un prezzo, mentre l’ appalto è un contratto con il quale una parte (appaltatore) assume, con organizzazione dei mezzi e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’ opera o di un servizio verso il corrispettivo in denaro.

Il discrimine tra le due fattispecie è rappresentato innanzitutto dalla volontà contrattuale delle parti, nonché dal rapporto tra il valore della materia (prestazione di dare) e il valore della prestazione dell’ opera (prestazione di fare).

In particolar modo si è in presenza di un contratto di appalto (o di opera) quando è prevalente il lavoro sulla materia, nel senso che l’ obiettivo dell’ obbligazione assunta dalla parte si concretizza nella realizzazione di un opus unicum o di un opus derivato dalla serie, che sia oggetto di modifiche richieste dal destinatario, mentre la fornitura del materiale rappresenta un elemento che concorre nel complesso della realizzazione dell’ opera e di tutte le attività a tal fine intese. (Consiglio di Stato, sez. IV, 07\07\2014, n° 3421).

Si ha un contratto di vendita qualora l’ attività di fornire materiale rientra nel normale ciclo produttivo del bene.

Tribunale di Roma, sez. III, 21\04\2014, n° 11345 : “ nel contratto di appalto vi è un fare che può essere comprensivo di un dare, mentre nel contratto di vendita vi è un dare che può comportare un fare”.

È da considerarsi contratto di vendita (e non di appalto) il contratto riguardante la fornitura ed eventualmente la posa in opera qualora l’ assuntore dei lavori sia lo stesso fabbricante o chi fa abituale commercio dei prodotti e dei materiali di che trattasi, salvo ovviamente che le clausole contrattuali obblighino l’ assuntore degli indicati lavori a realizzare un quid novi rispetto alla normale serie produttiva, perché in questo caso dovrebbe ritenersi prevalente l’ obbligazione di facere, in quanto si configurano elementi peculiari del contratto di appalto, cioè l’ intuitus personae e l’ assunzione del rischio economico da parte dell’ appaltatore.

Se invece l’ assuntore dei lavori non è né il fabbricatore, né il rivenditore del bene da installare o mettere in opera, l’ attività di installazione di un bene svolta dal prestatore, risultando autonoma rispetto a quella di produzione o vendita, identifica o rinvia ad un contratto di appalto, dato che la materia viene in considerazione quale strumento per la realizzazione di un’ opera o per la prestazione di un diritto.”

Nel caso analizzato il contratto stipulato tra le parti non prevede semplicemente la vendita di merce già pronta, ma l’ installazione e posa in opera di infissi con caratteristiche specifiche.

Infatti nel preventivo per il montaggio e l’ installazione degli infissi viene indicato un costo di gran lunga superiore a quello normalmente previsto, nel caso di compravendita, per il semplice montaggio della merce fornita.

Ulteriore e importante divergenza che ricorre nelle due fattispecie è, come già accennato, la previsione di differenti termini previsti per far valere i vizi della cosa, cioè i vizi della bene nella sua entità materiale o nella sua funzione, in quanto se il rapporto è qualificabile come vendita, il compratore deve denunziare tali anomalie entro 8 giorni dalla loro scoperta e la relativa azione deve essere esercitata entro un anno dal giorno in cui sia entrato in possesso del bene; se qualificabile come contratto di appalto il termine entro il quale i vizi vanno denunziati è di 60 giorni che decorrono dalla loro scoperta o dal giorno il cui il bene è stato consegnato se si tratta di un vizio non occulto e l’ azione può essere esperita entro due anni dalla consegna dell’ opera.

Meritevole di attenzione è anche la differenza che intercorre tra il contratto d’ appalto e il contratto d’ opera (art. 2222cc.).

Quest’ ultimo è una figura contrattuale con la quale colui che si impegna a realizzare una determinata opera, la esegue personalmente o può avvalersi dell’ ausilio dei collaboratori o dei famigliari (ad es. il falegname).

L’ elemento che qualifica le due fattispecie è la diversa struttura e dimensione dell’ impresa a cui sono commissionate le opere, e non la natura, l’ oggetto o il contenuto della prestazione.

Infatti il prestatore d’ opera è preposto alla direzione di una piccola impresa, cioè quella impresa che svolge l’ attività con la prevalenza del lavoro personale dell’ imprenditore (ad es. il falegname) la cui mancanza nel compimento dell’ opera comporta l’ impossibilità di portarla a termine.

Nel contratto d’ appalto invece è prevalente una vasta organizzazione dei mezzi, tale da far ritenere che l’ appaltatore sia preposto alla direzione di una impresa medio grande (ad es. una impresa edilizia).

Cassazione civile, sez. II, 17\07\1999, n° 7606 :” solo valorizzando il diverso profilo del modulo produttivo che fa capo all’ obbligato e non alla natura, oggetto e contenuto della prestazione, il giudice del merito può correttamente qualificare come appalto o contratto d’ opera il rapporto negoziale con il quale un imprenditore si sia obbligato, verso un corrispettivo e senza vincoli di subordinazione, al compimento di un’ opera o di un servizio”.

Il contratto d’ opera,inoltre, prevede i medesimi termini previsti dal contratto di compravendita per la garanzia dai vizi della cosa, prevedendo perciò che la denunzia degli stessi deve avvenire entro 8 giorni dalla loro scoperta e l’ azione per agire in giudizio contro il prestatore di opera si prescrive decorso un anno dalla consegna dell’ opera. Con tale azione viene riconosciuta al committente la possibilità di chiedere l’ eliminazione dei vizi a cura e spese del prestatore, oppure la riduzione del prezzo pattuito, e nel caso in cui l’ opera risulti inadatta alla sua funzione può richiedere anche la risoluzione del contratto, salva la richiesta di risarcimento dei danni eventualmente subiti.

” In tema di esecuzione di contratto d’ opera, la mancata denunzia dei vizi della stessa da parte del committente nel termine stabilito dall’ art. 2226, secondo comma, cc., ne determina la non incidenza sulla efficacia del contratto, con la conseguenza che detti vizi non possono essere fatti valere neanche al fine di eccepire l’ inesatto adempimento da parte del prestatore d’ opera, qualora questi richieda il pagamento del corrispettivo convenuto.  Alla medesima conclusione deve pervenirsi con riguardo alla richiesta del committente di un risarcimento, art. 2043 c.c., dei danni causati dalla condotta illecita del prestatore, potendosi profilare una responsabilità extracontrattuale di quest’ ultimo solo in relazione a fatti diversi da quelli oggetto dello specifico regolamento negoziale, il quale, come precisato, esclude la rilevanza dei vizi non tempestivamente denunziati”. (Cass., n° 1874\2000).

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